Una retrospettiva per celebrare la laboriosità degli imprenditori locali
Frammenti di “vichesità” raccolti in una mostra dedicata all’artigianato ed al commercio dagli anni ’20 agli anni ‘80
Io so gli odori dei mestieri:/di noce moscata sanno i droghieri,/sa d’olio la tuta dell’operaio, /di farina sa il fornaio,/sanno di terra i contadini,/di vernice gli imbianchini,/sul camice bianco del dottore/di medicine c’è buon odore./I fannulloni strano però,/non sanno di nulla e puzzano un po’.
Con queste rime Gianni Rodari omaggiava a modo suo i mestieri ed il Lavoro, che come ci hanno sempre detto nobilita l’uomo.
I mestieri nascono a seguito di una scoperta o quando sorge una nuova esigenza, si evolvono col cambiare dei tempi e delle necessità, si modificano con l’avvento di nuove tecnologie, ed a volte, a causa di queste, muoiono.
Nell’era dell’usa e getta, della produzione in scala e del benessere avviene sempre più raramente che ci si rechi “d’ù scarpèr” (il calzolaio) per riparare la suola bucata, che si entri nella bottega “d’ù Fal’gnem” per ordinare una cornice, che si vada “d’ù F’rrèr” (il fabbro) per discutere sugli infissi da installare in casa, che si contratti “n’tra putèc” (negozio) del venditore di tessuti per comprare la stoffa da consegnare alla sarta che ci confezionerà un abito, che si aspetti la domenica per acquistare un vassoio di “dov’c” (dolci) dal pasticcere.
Oggi bastano due click per vedersi arrivare tutto ciò di cui si ha bisogno col corriere espresso, oppure si può arredare un’intera casa con un pomeriggio di shopping all’Ikea.
Mobili uguali, divani uguali, scarpe uguali, cibo uguale… per gente uguale.
Conseguenze scontate del processo di globalizzazione iniziato a partire dal boom economico ed esploso con la diffusione della tv, con la nascita e la crescita di grandi aziende multinazionali che hanno cambiato irreversibilmente le nostre abitudini nei consumi offrendo prodotti sempre più accattivanti a prezzi sempre più bassi. Questo processo ha conosciuto un’accelerazione poderosa con lo sviluppo di internet avvenuto nei primi anni ’90 e quindi con la possibilità di velocizzare le comunicazioni e gli scambi commerciali, ampliando i canali di acquisto a disposizione de i consumatori.
Al prodotto standardizzato si contrappone l’intaglio del mobile lavorato a mano, le pieghe del ferro di un cancello modellato dal martello, il pasticcino mai uguale a quello che gli sta vicino, le forme di pane di diverse dimensioni e colori. Particolarità e imperfezioni che rendono il prodotto unico e inimitabile. TUO.
Cosa resta delle vecchie botteghe artigiane? Del negozietto di generi alimentari della “Signora Maria”? Dei vecchi attrezzi e dei vecchi saperi? Nulla.. o quasi nulla.
Vico è considerato da sempre uno dei paesi più laboriosi del Gargano, in cui alcuni uomini, umili e frugali, con pochi mezzi e con molta buona volontà sono riusciti a creare ricchezza per sé, per la propria famiglia e per la comunità nella quale svolgevano il proprio lavoro.
Costruttori intraprendenti, falegnami, fabbri e marmisti talentuosi, pasticceri fantasiosi, commercianti abili, ristoratori rinomati e imprenditori turistici che fino alla fine degli anni ’80 animavano la Foresta Umbra e contribuivano a rendere San Menaio “la perla del Gargano”, prima che tale attributo passasse alle attualmente più rinomate Peschici e Vieste.
Vico, a differenza di molti altri piccoli centri, ha cercato di non disperdere l’inestimabile patrimonio di Know How che l’ha aiutata a crescere e svilupparsi. I custodi di questa ricchezza immateriale di saperi e abilità.
Girando per le vie del centro storico è ancora possibile imbattersi in botteghe in tutto e per tutto somiglianti a quelle che avremmo potuto visitare cinquanta anni fa, in cui uomini anziani, curvi sui loro sgabelli e con la vista offuscata da anni di lavoro minuzioso, cercano di riparare gli oggetti più svariati, spesso semplicemente per passione, con lentezza.
La lentezza, questa sconosciuta.
Di molti altri artigiani, commercianti e mestieri non restano che le foto, custodite come reliquie dai familiari o dagli stessi imprenditori ritratti, che le guardano e le rigirano tra le mani con nostalgia ed orgoglio.
La Cna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e Piccole e Medie Imprese) di Vico del Gargano, nelle persone del Segretario Michele Pupillo e del Presidente Antonio del Conte, in collaborazione con la Confraternita dei Cinturati di Sant’Agostino e Santa Monica, con il Comune di Vico del Gargano e grazie anche a precedenti ricerche dell’autore di libri su Vico, Michele Biscotti e alla collaborazione preziosa della Tipografia Lauriola, rende omaggio a questi “eroi normali” esponendo le loro oltre 250 fotografie (reperite con un lavoro incessante di ricerca presso gli imprenditori e i loro familiari) all’interno di una mostra allestita nella Chiesa di San Giuseppe, in occasione dei festeggiamenti in onore del Santo Falegname che si terranno il 19 marzo.
Per questioni di spazio non sarà possibile esporre tutto il materiale a disposizione, che sarà però riproposto in altre sedi ed occasioni.
Di Nicola Pupillo